Ora che il passo è rotto
e sento l'acqua che mi macera
le spalle
non so più governare le parole
né la cucina aperta alle intemperie
dei suoi passanti mutevoli e distratti.
Vivo perdendo in pose dure
quel lastricato liscio di tasselli
inoperosi
seminati notturni, controtempo,
quando la neve era l'inverno
a barricare anche gli sguardi
e mi teneva chiusa al suo lamento.
Adesso il vento,
rosso viandante donato dall'autunno
come un ricovero dagli urli
e dalle migrazioni,
si è travestito con il tuo passo
lungo
con la tua voce fonda
e l'acqua dura del tuo sesso sceso
a maggio
e mi ha rincorso
con il respiro alto sopra l'onda
e mi ha abbracciato forte
al chiaro di una notte intera
senza stelle
e io gli ho sospirato sulla schiena
e ho baciato la sua bocca amara
di fumo a fiotti come paralisi del tempo
che stordisce
e l'ho lasciato andare via
così
incorniciato da un tremore d'aceri
assonnati
sul far del giorno di labbra
umide e violente
velo e sgomento
sopra la sabbia rossa
dei miei baci.
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